Ente Morale D.L. 5 aprile 1945, n. 224

Ente Morale D.L. 5 aprile 1945, n. 224
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La strage alla stazione di Bologna

LA VICENDA POLITICO - GIUDIZIARIA

  • IL 2 AGOSTO 1980 ALLA STAZIONE DI BOLOGNA ESPLODE UNA BOMBA CHE CAUSA 85 MORTI 200 FERITI
    L'avvio delle indagini trovò un incredibile iniziale ostacolo nel tentativo, protrattosi per 24 ore, di mettere in dubbio la natura dolosa dello scoppio, infatti vennero ipotizzate cause fortuite quali lo scoppio di una caldaia.
    Si tentò, da un lato di evitare reazioni della piazza e dall'altra, come era successo per la strage di Piazza Fontana, di ritardare il rinvenimento di tracce utili.
    L'intervento della Procura della Repubblica di Bologna fu tempestivo e l'approccio serio: gli investigatori misero subito a fuoco le protezione di cui il frastagliato mondo del terrorismo eversivo di destra aveva goduto e continuava a godere a Roma malgrado la città fosse stata sottoposta negli ultimi due anni ad una escalation di violenze e di attentati (di particolare significato l'attentato al C.S.M. e l'uccisione del Giudice Amato).
    Già alla fine di agosto comincia ad essere abbozzata una ipotesi accusatoria indirizzata anche verso ideatori e depistatori, ma il passaggio dell'inchiesta dalla Procura all'Ufficio Istruzione segna una sorta di inversione di tendenza: l'indagine comincia ad essere spezzettata. Viene inviata a Roma per competenza l'indagine sull'associazione eversiva. Si fanno più pesanti i depistaggi.
    Eppure la strage era stata preannunciata anche un mese prima (colloquio tra Rinani e Presilio), negli ambienti dei servizi se ne troveranno addirittura tracce scritte (rapporto Spiazzi) - colloquio tra Amos Spiazzi e Ciccio Mangiameli –omicidio Mangiameli. Il giudice Amato,nelle audizioni del 25 marzo e 13 giugno 1980, davanti al CSM, aveva segnalato la pericolosità dinamitarda dei gruppi eversivi di destra (audizioni del 25 marzo e 13 giugno 1980)

  • Depistaggi : al momento dei primi arresti avvenne un incontro tra Licio Gelli (Gran Maestro della loggia massonica P2) e Elio Cioppa (Alto dirigente del S.I.S.M.I.) 'State sbagliando tutto, la pista è quella internazionale':
    In quel momento iniziano contrasti feroci all'interno del tribunale, in parte fomentati da pubblicazioni di stampa, che avvalorano tesi e avvenimenti fantasiosi tendenti a screditare i giudici che avevano svolto la prima parte dell'indagine, avvalorando poi un disegno massonico internazionale con l'obiettivo di portare i giudici su piste internazionali estremamente inverosimili e fantasiose. 'IL GRANDE LABIRINTO' giornalista PAMPARANA.
    Tutto ciò causa grande sconcerto nell'opinione pubblica e nei familiari delle vittime.

  • L'1 Giugno 1981 si costituisce 
    L'"ASSOCIAZIONE TRA I FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA DEL 2 AGOSTO 1980" con lo scopo statutario di : "OTTENERE CON TUTTE LE INIZIATIVE POSSIBILI LA GIUSTIZIA DOVUTA".
    Al momento della costituzione vi sono 44 persone, poi si associano in 300.
    Ogni 4 mesi l'Associazione va in tribunale ad incontrare i giudici, subito dopo convoca una conferenza stampa per far conoscere lo stato delle cose e la sua opinione.
    Momenti di grande tensione che i familiari hanno sempre vissuto con grande dignità non lasciandosi portare in giro da falsi consiglieri.
    Una delle cause, per cui i processi nelle altre stragi si sono chiusi con un nulla di fatto, è da ascriversi ai depistaggi che hanno avuto successo e ai collegi di difesa che si sono divisi affermando, molte volte, convinzioni di singoli avvocati. I depistaggi arrivarono a volte a provocare perfino la divisione all'interno dei collegi di difesa delle parti civili.
    L'Associazione assume posizioni molto dure nei confronti di chiunque appaia sottovalutare la gravità della mancata risposta giudiziaria all'ansia dell'accertamento della verità.

  • Il 6 Aprile 1983 assieme alle Associazioni delle stragi di Piazza Fontana, Piazza della Loggia, dell'Italicus costituisce a Milano l'Unione familiari delle vittime.

  • All'inizio del 1984 inizia la raccolta di firme in calce alla proposta di legge di iniziativa popolare per : 'L'ABOLIZIONE DEL SEGRETO DI STATO NEI DELITTI DI STRAGE E TERRORISMO'. Consegnata all'On. Francesco Cossiga, allora Presidente del Senato, il 25 LUGLIO 1984, corredata da circa 100.000 firme, la legge deve ancora essere discussa dal nostro Parlamento. ( oggi 28.2.1997)

  • Il 19 Gennaio 1987 inizia il processo, i giudici svolgono un 
    meticoloso lavoro di analisi degli antefatti teorici partendo dal Convegno dell’Istituto Polliola sentenza viene emessa l'11 Luglio 1988
    I condannati per depistaggio sono tutte persone iscritte a logge massoniche e Licio Gelli è, come si è detto, il Gran Maestro della loggia massonica P2. Il Generale Pietro Musumeci e il Colonnello Giuseppe Belmonte sono alti ufficiali del S.I.S.M.I. servizio segreto militare
    Nell'estate del 1989 l'avvocato di parte civile Roberto Montorsi incontra Licio Gelli e passa dalla parte degli imputati tradendo la fiducia che gli era stata accordata.

  • Subito si scatena una campagna che cerca di squalificare tutto il lavoro dei magistrati, dell'Associazione e del Collegio di Parte Civile.
    Vi fu una campagna di stampa martellante che per tutta l'estate fino all'apertura del processo d'appello ( ottobre 1989), prendendo le difese dell'avvocato, considerava l'inchiesta frutto di un teorema, e di un intrigo del partito comunista.
    L'Associazione fu accusata di fare un'attività di spionaggio cercando di far passare come illecita la sua attività di informatizzazione degli atti del processo.
    Questa fu la preparazione del processo d'Appello, il clima di tutto il procedimento risentì di quella situazione.

  • Il processo d'Appello iniziò nell'ottobre 1989 la sentenza fu emessa il 18 Luglio 1990. TUTTI ASSOLTI DALL'ACCUSA DI STRAGE.
    Da segnalare: il Procuratore Generale aveva chiesto l'appesantimento delle pene.
    La sentenza fu definita dall'Associazione una Provocazione.
    Immediata presa di posizione dell'M.S.I. che chiese la cancellazione dalla lapide presso la stazione di Bologna della scritta 'Strage Fascista'
    Il Presidente del Consiglio Andreotti si disse d'accordo ed il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga chiese ufficialmente scusa all'M.S.I..

  • Il 2 Agosto 1990 il Senato approva una legge che porta lo stesso titolo di quella presentata dall'Unione 'Abolizione del segreto di stato nei delitti di Strage e terrorismo', ma nulla ha a che fare con quella, anzi peggiora quella esistente.

  • Il 12 Febbraio 1992 le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione emette la sentenza.
    IL PROCESSO D'APPELLO VA RIFATTO !
    La Corte ha sentenziato che la sentenza d'Appello è:
    - ILLOGICA
    - PRIVA DI COERENZA
    - NON HA VALUTATO IN TERMINI CORRETTI PROVE E INDIZI
    - NON HA TENUTO CONTO DEI FATTI CHE PRECEDETTERO E SEGUIRONO L'EVENTO
    - IMMOTIVATA O SCARSAMENTE MOTIVATA
    - IN ALCUNE PARTI I GIUDICI HANNO SOSTENUTO TESI INVEROSIMILI CHE NEPPURE LA DIFESA AVEVA SOSTENUTO.

  • CONFERMA DELL'IMPIANTO ACCUSATORIO DEL PROCESSO DI 1° GRADO.

  • Il 12 giugno 1994 appare un'intervista della Mambro e Fioravanti sul Corriere della Sera; l'argomento era : 'NOI ALL'ERGASTOLO LORO AL GOVERNO' si prendevano in considerazione le esperienze passate di alcuni esponenti di Alleanza Nazionale( Gasparri, Storace, Bontempo, Fini), rilevando il passato comune, la militanza comune, l'offerta di cariche elevate all'interno dell'M.S.I. in favore della Mambro.
    Circa un mese dopo viene fondato a Roma nella Sede dell'ARCI il comitato in difesa della Mambro e Fioravanti 'E se fossero innocenti'. Questo comitato a cui aderiscono intellettuali di tutte le estrazioni propone tesi che nulla hanno a che fare con la realtà processuale. Il materiale che in tribunale aveva fatto figure penose perché non supportato da nulla viene ora riproposto all'opinione pubblica per confonderla.
    Risposta immediata da parte dell'Associazione, viene stampato un libretto intitolato 'Contributo alla Verità' in cui vengono riportate le tesi del comitato confutate sulla base degli atti processuali e non con valutazioni sentimentali o ipotetiche.
    La campagna di disinformazione di questo comitato dilaga su tutti i giornali, le televisioni di stato gli concedono ampi spazi, le televisioni FININVEST dedicano almeno 3 trasmissioni di 2 ore altre televisioni ne ospitano costantemente alcuni esponenti di spicco.
    Cercano di far accreditare nell'opinione pubblica la tesi dei due capri espiatori.

  • Il 2 agosto 1995 il Senato approva di nuovo una legge che ha lo stesso titolo di quella proposta dai familiari delle vittime : ABOLIZIONE DEL SEGRETO DI STATO NEI DELITTI DI STRAGE E TERRORISMO, ma il contenuto prevede ancora la possibilità di porre il segreto di stato per quei reati.

  • Fine 1994: Viene nominato presidente della "Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi" il senatore Giovanni Pellegrino.

  • Alla fine del 1995 il senatore redige una pre-relazione stampata nel volume "Luci sulle stragi":l'Assocciazione ne disapprova il contenuto.

  • Prima dell'inizio del processo in Cassazione gli imputati mettono in atto un ennesimo depistaggio.Richiesta di archiviazione del Giudice Giovagnoli su caso Sparti De Giglio

  • Il 22 Novembre inizia il processo in Cassazione, la sentenza viene emessa il 23 Novembre 1995.
    VIENE CONFERMATA NELLA SOSTANZA LA SENTENZA DEL 2° PROCESSO D'APPELLO.

  • Nel 1996 il senatore Pellegrino viene rieletto alla commissione e l'Associazione dirama un comunicato.

  • Il 18 giugno 1996 la Corte d'Appello di Firenze assolve Picciafuoco; il Procuratore Generale ricorre in Cassazione.
    La Cassazione assolve in via definitiva Picciafuoco

  • 2000: Esce il volume Giovanni Fasanella e Claudio Sestieri con Giovanni Pellegrino, "Segreto di Stato. La verità da Gladio al caso Moro", Einaudi, 2000. (considerazioni di Gianni Flamini)




Vicenda Ciavardini:


  • Il 30 gennaio 2000 il Tribunale per i Minorenni di Bologna emette la sentenza in cui condanna il terrorista Luigi Ciavardini per la banda armata finalizzata alla strage.

  • Il 9 marzo 2002 la Corte d'Appello di Bologna condanna il terrorista Luigi Ciavardini per la banda armata finalizzata alla strage di Bologna e per la partecipazione all'esecuzione della strage.

  • Il 17 dicembre 2003 la suprema Corte di Cassazione condanna in via definitiva il terrorista Luigi Ciavardini per la banda armata finalizzata alla strage di Bologna, pone 5 domande ai giudici di merito per definire la sua partecipazione all'esecuzione della strage.

  • Il 13 dicembre 2004 la Corte d'Appello del Tribunale di Bologna condanna il terrorista Luigi Ciavardini per l'esecuzione della strage

  • 11 aprile 2007 sentenza definitiva di Cassazione.
LA STRAGE DI BOLOGNA

LA STRAGE

Il 2 agosto 1980, alle ore 10,25, una bomba esplose nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna. 

Lo scoppio fu violentissimo, provocò il crollo 

soccorsi

delle strutture sovrastanti le sale d'aspetto di prima e seconda classe dove si trovavano gli uffici dell'azienda di ristorazione Cigar e di circa 30 metri di pensilina. L'esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario.
Il soffio arroventato prodotto da una miscela di tritolo e T4 tranciò i destini di persone provenienti da 50 città diverse italiane e straniere.

Il bilancio finale fu di 85 morti e 200 feriti. (testimonianze di Biacchesi e da "Il giorno")
La violenza colpì alla cieca cancellando a casaccio vite, sogni, speranze.

Maria Fresu si trovava nella sala della bomba con la figlia Angela di tre anni. Stavano partendo con due amiche per una breve vacanza sul lago di Garda. Il corpicino della piccola, la più giovane delle vittime, venne ritrovato subito. Solo il 29 dicembre furono riconosciuti i resti della madre.

Marina Trolese, 16 anni, venne ricoverata all'ospedale Maggiore, il corpo devastato dalle ustioni. Con la sorella Chiara, 15 anni, era in partenza per l'Inghilterra. Le avevano accompagnate il fratello Andrea, e la madre Anna Maria Salvagnini. Il corpo di quest'ultima venne ritrovato dopo ore di scavo tra le macerie. Andrea e Chiara portano ancora sul corpo e nell'anima i segni dello scoppio. Marina morì dieci giorni dopo l'esplosione tra atroci sofferenze.

Torquato Secci, impiegato alla Snia di Terni, venne allertato dalla telefonata di un amico del figlio Sergio, Ferruccio, che si trovava a Verona. Sergio lo aveva informato che a causa del ritardo del treno sul quale viaggiava, proveniente dalla Toscana, aveva perso una coincidenza a Bologna e aveva dovuto aspettare il treno successivo.
Poi non ne aveva più saputo nulla.
Solo il giorno successivo, telefonando all'Ufficio assistenza del Comune di Bologna, Secci scoprì che suo figlio era ricoverato al reparto Rianimazione dell'ospedale Maggiore.
"Mi venne incontro un giovane medico, che con molta calma cercò di prepararmi alla visione che da lì a poco mi avrebbe fatto inorridire", ha scritto Secci, "la visione era talmente brutale e agghiacciante che mi lasciò senza fiato. Solo dopo un po' mi ripresi e riuscii a dire solo poche e incoraggianti parole accolte da Sergio con l'evidente, espressa consapevolezza di chi, purtroppo teme di non poter subire le conseguenze di tutte le menomazioni e lacerazioni che tanto erano evidenti sul suo corpo".
Nel 1981 Torquato Secci diventò presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage.

La città si trasformò in una gigantesca macchina di soccorso e assistenza per le vittime, i sopravvissuti e i loro parenti.
soccorsi
I vigili del fuoco dirottarono sulla stazione un autobus, il numero 37, che si trasformò in un carro funebre.
E' lì che vennero deposti e coperti da lenzuola bianche i primi corpi estratti dalle macerie.

Alle 17,30, il presidente della Repubblica Sandro Pertini arrivò in elicottero all'aeroporto di Borgo Panigale e si precipitò all'ospedale Maggiore dove era stata allestita una delle tre camere mortuarie.
Per poche ore era circolata l'ipotesi che la strage fosse stata provocata dall'esplosione di una caldaia ma, quando il presidente arrivò a Bologna, era già stato trovato il cratere provocato da una bomba.
Incontrando i giornalisti Pertini non nasconse lo sgomento: "Signori, non ho parole" disse,"siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia".

Ancora prima dei funerali, fissati per il 6 agosto, si svolsero manifestazioni in Piazza Maggiore a testimonianza delle immediate reazioni della città.
Il giorno fissato per la cerimonia funebre nella basilica di San Petronio, si mescolano in piazza rabbia e dolore.
Solo 7 vittime ebbero il funerale di stato.
Il 17 agosto "l'Espresso" uscì con un numero speciale sulla strage.
In copertina un quadro a cui Guttuso ha dato lo stesso titolo che Francisco Goya aveva scelto per uno dei suoi 16 Capricci: "Il sonno della ragione genera mostri".
Guttuso ha solo aggiunto una data: 2 agosto 1980.

Cominciò una delle indagini più difficili della storia giudiziaria italiana.


LA STRAGE ANNUNCIATA

Eppure la strage era stata preannunciata anche un mese prima, negli ambienti dei servizi se ne troveranno addirittura tracce scritte (rapporto Spiazzi).



Sono tre i segnali di quello che nei primi sei mesi del 1980 sta cuocendo nel ribollente calderone della destra eversiva:

  • Il primo allarme è contenuto in un documento acquisito dalla Corte d’Assise di Bologna intitolato “Situazione mensile del terrorismo – giugno 1980”, in cui tra l’altro si segnala “la particolare pericolosità del terrorismo di destra che (…) può realizzare imprese terroristiche imprevedibili con alta potenzialità distruttiva e destabilizzante"

  • Il secondo, molto più preciso, è costituito da quanto un detenuto del carcere di Padova, in presenza del suo avvocato di fiducia, riferisce al giudice di sorveglianza: Il 10 luglio 1980, Luigi Presilio Vettore, detenuto per reati comuni, spiegò al magistrato che era imminente un gravissimo attentato da parte di un gruppo estremista. Lo stesso gruppo gli aveva proposto di partecipare a un successivo attentato contro il giudice di Treviso Giancarlo Stiz, a suo tempo impegnato in indagini connesse a quelle sulla strage di piazza Fontana.
    La fonte di Vettore era il neofascista Roberto Rinani, inserito nella cellula eversiva di Massimiliano Fachini.

  • Ultimo, ma certo non per importanza, è il rapporto al Sisde con cui il colonnello Amos Spiazzi, a suo tempo coinvolto nell'indagine sulla "Rosa dei venti", preannunciò azioni eclatanti della destra eversiva.
    Interrogato dal giudice istruttore di Bologna, Spiazzi affermò: “Il mio appunto contiene effettivamente dei riferimenti alla strage di Bologna, come più volte l’ufficio mi ha fatto rilevare..."

LE VITTIME



ANTONELLA CECI anni 19
ANGELA MARINO "23
LEO LUCA MARINO " 24
DOMENICA MARINO " 26

ERRICA FRIGERIO IN DIOMEDE FRESA " 57
VITO DIOMEDE FRESA " 62
CESARE FRANCESCO DIOMEDE FRESA " 14

ANNA MARIA BOSIO IN MAURI " 28
CARLO MAURI " 32
LUCA MAURI " 6

ECKHARDT MADER " 14
MARGRET ROHRS IN MADER " 39

KAI MADER " 8

SONIA BURRI " 7
PATRIZIA MESSINEO " 18
SILVANA SERRAVALLI IN BARBERA " 34
MANUELA GALLON " 11
NATALIA AGOSTINI IN GALLON " 40
MARINA ANTONELLA TROLESE " 16
ANNA MARIA SALVAGNINI IN TROLESE " 51

ROBERTO DE MARCHI " 21
ELISABETTA MANEA VED. DE MARCHI " 60
ELEONORA GERACI IN VACCARO " 46
VITTORIO VACCARO " 24
VELIA CARLI IN LAURO " 50
SALVATORE LAURO " 57

PAOLO ZECCHI " 23
VIVIANA BUGAMELLI IN ZECCHI " 23

CATHERINE HELEN MITCHELL " 22
JOHN ANDREW KOLPINSKI " 22

ANGELA FRESU " 3
MARIA FRESU " 24
LOREDANA MOLINA IN SACRATI " 44
ANGELICA TARSI " 72
KATIA BERTASI " 34MIRELLA FORNASARI " 36
EURIDIA BERGIANTI " 49
NILLA NATALI " 25
FRANCA DALL'OLIO " 20
RITA VERDE " 23
FLAVIA CASADEI " 18
GIUSEPPE PATRUNO " 18
ROSSELLA MARCEDDU " 19
DAVIDE CAPRIOLI " 20
VITO ALES " 20
IWAO SEKIGUCHI " 20
BRIGITTE DROUHARD " 21
ROBERTO PROCELLI " 21
MAURO ALGANON " 22
MARIA ANGELA MARANGON " 22
VERDIANA BIVONA " 22
FRANCESCO GOMEZ MARTINEZ " 23
MAURO DI VITTORIO " 24
SERGIO SECCI " 24
ROBERTO GAIOLA " 25
ANGELO PRIORE " 26
ONOFRIO ZAPPALA' " 27

PIO CARMINE REMOLLINO " 31
GAETANO RODA " 31
ANTONINO DI PAOLA " 32
MIRCO CASTELLARO " 33
NAZZARENO BASSO " 33
VINCENZO PETTENI " 34
SALVATORE SEMINARA " 34
CARLA GOZZI " 36
UMBERTO LUGLI " 38
FAUSTO VENTURI " 38
ARGEO BONORA " 42
FRANCESCO BETTI " 44
MARIO SICA " 44
PIER FRANCESCO LAURENTI " 44
PAOLINO BIANCHI " 50
VINCENZINA SALA IN ZANETTI " 50
BERTA EBNER " 50

VINCENZO LANCONELLI " 51
LINA FERRETTI IN MANNOCCI " 53
ROMEO RUOZI " 54
AMORVENO MARZAGALLI " 54
ANTONIO FRANCESCO LASCALA " 56
ROSINA BARBARO IN MONTANI " 58
IRENE BRETON IN BOUDOUBAN " 61
PIETRO GALASSI " 66
LIDIA OLLA IN CARDILLO " 67

MARIA IDRIA AVATI " 80ANTONIO MONTANARI " 86

RESOCONTI E TESTIMONIANZE

Roberto Castaldo
Ho un ricordo fotografico di quel giorno. Ero conduttore del treno. Non macchinista come pensa qualcuno, ma bigliettaio. Dovevo essere di turno a Cremona ma all'ultimo momento, quella mattina, mi spostarono da Milano a Bologna. Arrivai in orario. Era previsto il cambio di un'ora. Dovetti aspettare il treno Andria-Express. Era in ritardo. Così, con altri colleghi, ci recammo al deposito del personale viaggiante. Un caffè, quattro chiacchiere con altri ferrovieri. L'altoparlante annunciò l'arrivo del treno sul primo binario. Quattro passi a piedi. Passammo davanti alla sala d'aspetto di seconda classe. C'era gente seduta sui marciapiedi, ovunque, il chiosco dei gelati affollato, come quello dei panini, ristoranti stracolmi di persone. 

Le 10.10. Andammo in testa al treno. Il capo ci diede i compiti. Il primo conduttore andò in coda, uno rimase là, in testa, e io mi recai al centro. 

Le 10.15. Diedi informazioni sugli orari ad alcuni signori che erano appoggiati ai finestrini. Le 10.24. A quel punto ero con la faccia rivolta verso la coda del treno, la sala d'aspetto l'avevo sulla mia destra. li capotreno fischiò d'improvviso, mi girai, vidi il segnale verde, alzai il braccio destro. Non feci in tempo a prendere il via libera dal conduttore di coda che scoppiò la bomba. Una fiammata enorme, un forte boato. Qualcuno usci dalla sala d'aspetto con gli indumenti bruciati. Intanto si sprigionò una coltre di fuliggine nera, era come se si camminasse dentro un tunnel, misi la mano sulla bocca per proteggermi, la polvere era dappertutto. In quell'esatto istante la sala d'aspetto crollò, anche la tettoia di lamiera e tutto quel fumo andò verso l'alto. E vuoto d'aria mi schiacciò contro la vettura, poi a terra. Sulla gamba mi cadde un pezzo di ferro. Non sentii alcun dolore, in quel momento. Ci fu un silenzio irreale, di due minuti, tremendo, la polvere scese e mi coprì il volto, le mani, tutto. Da quel torpore irreale, mi svegliò un urlo violento. Era qualcuno che si trovava sugli altri binari, vide la scena e urlò, così forte, così chiaro. Mi girai e vidi una persona che veniva verso di me. Mentre correva, gli cadde un masso sulla schiena. Rimase a terra a pochi centimetri. Aveva gli occhi sbarrati, ma forse voleva comunicare qualcosa, un segnale di aiuto. Da solo, cercai di togliere il masso dal suo corpo, ma era troppo pesante. Uscii dalla stazione e chiamai delle persone. Tornammo sul primo binario. Riuscimmo a spostare il blocco. Lui non gemeva. Se lo portarono via con l'autoambulanza. Solo allora mi accorsi che avevo un ginocchio gonfio, triplicato, e andai in ospedale. […]

A Capodanno, ora non vado più a Napoli, i botti, gli spari, mi mettono paura. Non posso più stappare una bottiglia di champagne, con una scusa mi assento. Quando scoppia il palloncino di un bambino, .mi fermo, non parlo, sudo freddo, tutto mi porta a quel giorno alla stazione di Bologna. Una volta, in corso Buenos Aires, a Milano, il colpo di una marmitta mi ha fatto saltare da terra. E ancora, sulla metropolitana, un ragazzo ha smarrito uno zainetto. Pensavo: 'E se .fosse una bomba?'. Come potevo rivolgermi al capotreno? Dirgli che avevo un sospetto'? Mi avrebbero preso per matto. Fobie, tensioni. Questo mi è rimasto dentro dal 2 agosto del 1980. 
Daniele Biacchessi, Un attimo ...vent'anni, Bologna, Pendragon, 2001, pagg. 26 e 42


Ugo Natale

Eravamo nella sala d'aspetto di prima classe, proprio dove sono cadute più macerie, mi stavo allontanando quando ho sentito un boato. Sono stato il primo a correre dentro quel polverone in cui non si vedeva niente e ho scavato come un pazzo fino a quando ho trovato Roberto. Era incastrato di fianco, sulla sedia della sala d'aspetto. Mi ci è voluta un'ora per liberarlo. 

Daniele Biacchessi, Un attimo... vent'anni, Bologna, Pendragon, 2001, pag. 26


Marina Gamberini

Lavoravo alla Cigar. Non ho un ricordo preciso dell'esplosione. Quei particolari h ho rimossi dalla mia mente e li sto ricostruendo attraverso un lungo e difficile lavoro di analisi. 

I miei ricordi iniziano dal momento in cui mi svegliai. Ero sotto le macerie. C'era un gran buio, e urlavo, o almeno a me pareva di urlare forte. Sentivo le sirene delle ambulanze che giravano intorno, le mani che scavavano tra le pietre. Ho sentito che tutto si capovolgeva, non potevo muovermi. Era come se fossi in un incubo. Ero rimasta incastrata tra una grossa trave e la mia scrivania. Uno dei volontari mi è passato sopra e mi ha fatto male. Ho urlato più forte, lui ha ordinato agli altri di stare in silenzio. Hanno iniziato a scavare. Alla fine ho sentito una mano che mi prendeva e mi tirava fuori da quella posizione. Poi mi sono addormentata. Ho perso le mie colleghe. Stavamo compiendo il nostro dovere, non avevamo chiesto a nessuno di metterci una bomba sotto la scrivania. […]
La mia è veramente una vita sospesa. Dopo quella bomba, tutto è cambiato. Con le mie colleghe del ristorante c'era un'amicizia profonda, una complicità forte. Eravamo anche giovani, del resto. Non è facile dimenticarle. 
Volevo fare le cose che loro non potevano più realizzare. Mi sentivo addosso la responsabilità di vivere al posto loro. E sono iniziati i sensi di colpa. Mi chiedevo. 'Perché loro e non io?". Sensi di colpa che ho risolto da pochi anni. Anche se non ho un ricordo diretto della bomba, mi prende il panico quando sento scoppiare i fuochi d'artificio o la sirena di un'autoambulanza. Sono cose irrazionali, meccanismi della mia mente. Soffro di crisi isteriche, non ho più sicurezze, ho paura, perdo il controllo di me stessa. Mi capita di avere le vertigini. Questo mi ha lasciato dentro la strage. Ho un figlio di 6 anni che amo tantissimo. Quel rapporto mi fa vivere davvero. Sono felice quando posso stare accanto a lui. Mi arrabbio invece quando avverto le ingiustizie della vita. 
Lo sai che nessuno mi ha riconosciuto l'invalidità civile? Mi dicono: "Hai un marito. Un figlio. Conduci una vita normale". Ma quello che accade dentro di me non conta? 
Daniele Biacchessi, Un attimo ...vent'anni, Bologna, Pendragon, 2001, pagg. 27, 42-43




Torquato Secci

impiegato alla Snia di Terni, venne allertato dalla telefonata di un amico del figlio Sergio, Ferruccio, che si trovava a Verona. Sergio lo aveva informato che a causa del ritardo del treno sul quale viaggiava, proveniente dalla Toscana, aveva perso una coincidenza a Bologna e aveva dovuto aspettare il treno successivo.

Poi non ne aveva più saputo nulla.
Solo il giorno successivo, telefonando all'Ufficio assistenza del Comune di Bologna, Secci scoprì che suo figlio era ricoverato al reparto Rianimazione dell'ospedale Maggiore.
"Mi venne incontro un giovane medico, che con molta calma cercò di prepararmi alla visione che da lì a poco mi avrebbe fatto inorridire", ha scritto Secci, "la visione era talmente brutale e agghiacciante che mi lasciò senza fiato. Solo dopo un po' mi ripresi e riuscii a dire solo poche e incoraggianti parole accolte da Sergio con l'evidente, espressa consapevolezza di chi, purtroppo teme di non poter subire le conseguenze di tutte le menomazioni e lacerazioni che tanto erano evidenti sul suo corpo".
Nel 1981 Torquato Secci diventò presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage.



Dai pompieri ci vengono alcune testimonianze su quei momenti. Un vigile del fuoco, Roberto Chinni, andò a cercare negli ospedali un bambino che aveva tirato fuori dalle macerie: 'L'ho tirato io fuori, scavando con le mani. Poveretto, aveva una gambina ingessata, chiamava il papà. Quando l'ho preso in braccio non mi lasciava più andare. Vicino a lui c'erano dei morti, forse il padre era uno di quelli. Era ferito, sì ma non mi sembrava grave. Non vorrei che fosse morto anche lui'.

I SOCCORSI

I soccorsi vennero organizzati immediatamente: 'La prima ambulanza è piombata sul piazzale della stazione neppure due minuti dopo'. Così il Resto del Carlino, giornale cittadino, raccontava la reazione allo scoppio della bomba in stazione.


Ancora prima dell'arrivo di ambulanze e di vigili del fuoco i sopravvissuti vennero aiutati da passanti, ferrovieri e tassisti

Anche le automobili private furono utilizzate per il trasporto dei feriti e fecero la spola fra stazione e ospedali.



Le lunghe catene umane in cui venivano passati i calcinacci, i mattoni che si spostavano tentando di liberare la zona dell'esplosione, sperando di trovare persone vive, seppur ferite, sotto le macerie erano formate da volontari, vigili del fuoco, soldati di leva; spesso si trovarono a lavorare fianco a fianco persone diverse, persone che, a Bologna, si erano trovate a fronteggiarsi anche aspramente sul piano politico.

Si leggeva una chiara descrizione di questa situazione sul giornale "Lotta continua": "La città si è prodigata nei confronti di chi ha subito gli effetti più devastanti e dolorosi della bomba. La città ufficiale, quella di chi lavora nelle 
soccorsi
cooperative e nelle fabbriche, che è bolognese e si dice comunista.La città altra, con i capelli lunghi, precaria, spesso immigrata.Gli operai robusti, tozzi, in canottiera che muovono con perizia le ruspe, i picconi, le mazze; i ragazzi magri, con i jeans bianchi di polvere che guardano storto i carabinieri che non fanno nulla mentre loro si muovo al ritmo sostenuto dei vigili del fuoco".
Questa contrapposizione, in un certo senso ricomposta per l'emergenza, ritornò però durante le manifestazioni che segnarono la reazione politica di Bologna.
Nelle testimonianze dei feriti il ricordo è quello di aver avuto soccorsi immediati, di essere stati accolti negli ospedali e curati prontamente, di avere trovato anche comprensione e consolazione.
L'amministrazione comunale istituì un Centro di coordinamento dove fu possibile, per i parenti delle vittime e dei feriti, essere accolti, assistiti ed ospitati. 



Nella notte del 2 agosto venne terminato il primo lavoro di sgombero delle macerie, tutti i feriti erano stati soccorsi ed i morti ricomposti negli obitori trasportati anche con quell'autobus 37 che divenne nelle immagini e nel ricordo uno dei simboli di quei momenti.

LE RIVENDICAZIONI

  • Una decina di minuti dopo l'esplosione, al centralino dell'Hotel Hilton di Milano arrivò una telefonata in cui i Nap (Nuclei armati proletari) dichiaravano: "abbiamo colpito Bologna, colpiremo Milano."

  • Venti minuti dopo all'agenzia Publikompas di Milano nuovamente i Nar dichiaravano:"La prossima stazione centrale sarà quella di Milano."

  • Alle 17,00 giunse una nuova telefonata di rivendicazione alla agenzia torinese dell'agenzia Italia e nuovamente i Nar si assumevano la paternità della strage.

  • Durante la giornata vi fu anche l’ipotesi di un possibile coinvolgimento delle Brigate rosse, che venne smentito con una telefonata in diretta a Radio Popolare di Milano quando a nome della colona “Walter Alasia” venne dichiarato: “Noi non facciamo simili bastardate.”



Bisogna sottolineare come il riferimento, fatto dai Nar durante la prima rivendicazione, a Mario Tuti esponente di spicco del Fronte nazionale rivoluzionario sia particolarmente importate. In quei primi giorni dell’agosto 1980 era infatti stata depositata l’ordinanza di rinvio a giudizio per la strage del treno Italicus, avvenuta il 4 agosto 1974.


Il giudice Angelo Vella, titolare di quell’inchiesta, in una intervista rilasciata al Resto del Carlino indicava in quegli stessi ambienti neofascisti la probabile matrice della strage del 2 agosto. La suggestione di un possibile collegamento fra le due stragi, senza volere con ciò individuare responsabilità, fu un elemento che venne subito rievocato da molti in quei momenti: la data della strage di Bologna poteva essere quasi un anniversario della strage dell’Italicus, il luogo: il treno e la stazione, la collocazione di bombe ad altissimo potenziale che colpirono in modo indiscriminato erano tutti elementi che parevano legare quelle due stragi da un qualche filo comune.

STRAGE PIAZZA DELLA LOGGIA

-La manifestazione

I partecipanti alla manifestazione, sconvolti dagli eventi, si spostano in piazza Vittoria che comunica con piazza Loggia attraverso due strade laterali ed un porticato centrale. I motivi che inducono i dirigenti sindacali a dare queste indicazioni, nascono da due ordini di preoccupazioni: corrono voci che in piazza ci siano, forse sotto le chiuse dei tombini, ancora delle bombe e quindi c'è il rischio di nuove esplosioni. 
L'altra ragione è che, lasciando sul luogo dell'attentato solo il servizio d'ordine sindacale coadiuvato da altri volontari, si possono facilitare le prime operazioni di trasporto dei feriti più gravi.

Verso le 11, i dirigenti sindacali e di 
partito che hanno partecipato alla manifestazione si trovano in Loggia, 
sede dell'Amministrazione comunale, nell'ufficio del sindaco della città, al fine di concordare le azioni da promuovere.
Tra i sindacalisti presenti si intrecciano alcune proposte di mobilitazione, ma su tutte, prevale quella della occupazione simbolica delle fabbriche per il giorno seguente prolungando cosi lo sciopero generale sino al 29 maggio. 
Nelle ragioni che sollecitano questa decisione, è presente la necessità di riallacciare un legame col movimento operaio al fine di orientare i lavoratori, dando loro la possibilità di una verifica di massa sulle iniziative da prendere nelle ore seguenti. Alla fine viene anche deciso che,durante la giornata del 29, delegazioni ristrette dei Consigli di Fabbrica dovranno recarsi in piazza Loggia a rendere omaggio ai caduti, mentre la Camera del Lavoro diventa il centro operativo a cui devono far riferimento tutti i quadri ed i dirigenti sindacali.
Poco prima delle tredici, terminata la fase dei soccorsi, i vigili del fuoco lavano con gli idranti il luogo dell'eccidio. 
E' un'operazione che viene considerata normale anche da quella piccola folla di lavoratori che ancora stazionano in piazza, discutendo animatamente. 
Sara' solo più tardi che ci si accorgerà della irresponsabilità dell'atto.
La pulizia avviene prima che sia stata condotta a termine una ispezione accurata da parte degli organi inquirenti; in tal modo vengono dispersi i reperti dell'ordigno esplosivo collocato nel cestino, la cui natura diverrà uno dei punti su cui poggeranno le accuse a carico degli imputati e si avranno le maggiori perplessità sulla dinamica e sulle responsabilità personali per l'attentato terroristico.

Tutti i primi mesi del 1974,a Brescia, sono punteggiati da attentati e provocazioni che sembrano preludere ad una rappresentazione in grande stile. Brescia, dopo Milano, diventa così la «piazza» che viene prescelta per un nuovo esperimento eversivo.
Questa sembra essere l'opinione espressa dal segretario provinciale del Movimento Sociale Italiano, Umberto Scaroni , il quale, in una circolare del 28 gennaio, indirizzata ai propri iscritti, afferma che «al termine del primo semestre del `74, anche a prescindere dall'esito delle importanti competizioni elettorali di primavera ( il referendum sul divorzio,ndr. ) è anche prevedibile il maturarsi di una situazione generale di estrema tensione. Non abbiamo quindi tempo da perdere, perché in questi mesi dobbiamo preparare il partito ad ogni tipo di evenienze». 

Il 15 febbraio scoppia un nuovo ordigno all'entrata di un supermercato: è rivendicato dalle S.A.M. ( Squadre di Azione Mussolini)(1)
Il 9 marzo in Valcamonica i carabinieri arrestano Kim Borromeo e Giorgio Spedini mentre stanno trasportando mezzo quintale di esplosivo. in questa occasione viene rinvenuta anche una banconota del sequestro Cannavale.
L'8 maggio viene aperta una borsa «dimenticata» da alcuni giorni davanti all'ingresso della sede provinciale della C.I.S.L.: dentro ci sono otto candelotti di dinamite e tre etti di tritolo innescati con un detonatore ed una miccia che si è, fortunatamente, spenta.
In risposta a ciò, la Federazione Unitaria propone,per il venerdi successivo, una astensione dal lavoro di 10 minuti. 

Il giorno 9 vengono arrestati alcuni noti personaggi dell'eversione nera nell'ambito dell'inchiesta sul M.A.R.(2) e sulle S.A.M.. 

Finiscono cosi in carcere,con Carlo Fumagalli, un folto gruppo di neofascisti: tra gli altri, quegli stessi personaggi che, nel febbraio dell' anno precedente, avevano attentato alla Federazione provinciale socialista ed avevano beneficiato alcuni mesi prima, a Roma, della scandalosa assoluzione generale al processo contro Ordine Nuovo.
I piani del M.A.R. sono chiari per stessa ammissione degli imputati e dei testimoni: provocare, attraverso azioni di commandos in Valtellina,all'indomani del referendum per il divorzio, una guerra civile destinata ad estendersi a tutto il Paese.
L'obiettivo è quello di creare una situazione in cui i militari siano costretti ad intervenire e successivamente ad appoggiare una repubblica presidenziale. A questo punto appare evidente come l'esplosivo trovato sulla «128» Rally di Borromeo ed il commando scoperto a Pian di Rascino(3), tra Rieti e l'Aquila, il 30 maggio, siano riscontri che fanno emergere limpidamente un piano eversivo di cui piazza Loggia non può che essere un tassello, forse quello principale.
Nella notte tra il 18 e il 19 maggio salta in aria in piazza Mercato, a poche centinaia di metri da piazza Loggia, il giovane neofascista Silvio Ferrari, collegato agli ambienti neri veronesi e sanbabilini, mentre stava trasportando sulla propria motoretta un ordigno esplosivo. Nello stesso momento, in un'altra zona della città, un'auto targata Milano, con a bordo quattro fascisti, si schianta contro un muro: il conducente decede all'istante. Nel baule viene rinvenuto materiale propagandistico dell' MSI . Per il giorno seguente è stata convocata in città una manifestazione di ex-combattenti. L'intento è di compiere un attentato per poi farne cadere le responsabilità sulle forze di sinistra. Durante i funerali di Silvio Ferrari vengono arrestati cinque suoi camerati del gruppo veronese neonazista «Anno Zero», mentre quelli bresciani , guidati da uno dei responsabili del «Fronte della Gioventù» che sarà tra i maggiori indiziati della strage del 28 maggio, organizzano ripetute provocazioni contro i lavoratori e gli studenti che presidiano il luogo del fatale incidente.

La Federazione C.G.I.L.-C.I.S.L.-U.I.L. distribuisce un volantino in tutte le fabbriche della città e della provincia denunciando come gli attentati dei giorni e dei mesi precedenti rientrino in un «disegno costruito da chi ha mezzi ed obiettivi molto precisi».
Il comunicato sindacale prosegue ricordando i fatti: Ferrari salta in aria domenica notte. Un'auto che trasporta materiale propagandistico di destra si schianta quella stessa notte contro un fabbricato: un morto e tre feriti. Domenica un ordigno esplosivo è stato scoperto presso la sede della C.I.S.L., mentre una banda di teppisti inscenava una manifestazione in piazza Mercato. Oggi una telefonata annunciava la presenza di una bomba nella sede della Camera del Lavoro. 
E' grave - conclude il comunicato - che si sfugga all'attentato per cause fortuite e che si scoprano le trame nere per accidenti dovuti all'incoscienza,all'inesperienza, all'irresponsabilità».
E' un chiaro atto d'accusa verso
 chi dovrebbe tutelare l'ordine pubblico e la serena convivenza civile, ma non lo fa: per inefficienza o per inettitudine? 

Il sindacato opta per una risposta corale,di massa,quanto mai partecipata, che solo uno sciopero generale può garantire. 
Il C.U.A.(Comitato Unitario antifascista), presieduto dal socialista Ettore Fermi, stretto in esigui margini di manovra e strutturalmente non abituato al confronto che non sia l'accordo sulle scadenze «storiche», privilegia una soluzione unitaria tra le forze in esso rappresentate: questa è caratterizzata più da una denunzia dei fatti che da una iniziativa politica conseguente, la sola in grado di dare a questa scadenza un significato non episodico e marginale.
Si trova l'accordo per indire, per il giorno 28 maggio, una manifestazione antifascista con una astensione dal lavoro di quattro ore, per opporsi all'ondata terroristica di cui piazza Mercato è il momento più significativo, agli abili e sconosciuti registi ed alle compiacenti coperture. 
Il giorno 22, durante i lavori del direttivo della Federazione Unitaria, a cui interviene l'on. Nicoletto , si concordano le modalità dello sciopero 
e si indicano nell'on. Adelio Terraroli e nei sindacalisti Gianni Panella e Franco Castrezzati gli oratori che prenderanno la parola nel corso della manifestazione convocata in piazza Loggia.

-La bomba
Alle 10 e 12 il discorso del segretario della F.L.M. viene interrotto da uno scoppio forte, secco che fa ricordare il botto di un potente petardo. 

S'alza un fumo grigio-azzurro ed un odore acre si spande nell'aria. Dopo un attimo di silenzio, le prime voci si levano dalla folla che ondeggia compatta, poi comincia a sussultare, a sbandare, mentre gli striscioni cadono a terra. 
La gente urla, impreca, fugge scompostamente. Rimangono sul selciato sei morti e qualche decina di feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni. Due di questi moriranno nei giorni successivi in seguito alle ferite riportate.
Significativa,a questo proposito,la testimonianza di Manlio Milani , marito 
di una delle vittime. Franco Torri , che copriva con un parapioggia gli oratori, 
si avvicina al microfono e invita i manifestanti a mantenere la calma e a non abbandonare la piazza.
Poi, mentre Giorgio Leali sollecita i manifestanti ad avvicinarsi per sicurezza verso il palco, dopo alcuni drammatici istanti di smarrimento, gli operai organizzano i primi soccorsi,
fanno "cordone" dove è avvenuto lo scoppio, aiutano i feriti che appaiono meno gravi e coprono con le loro bandiere i corpi straziati delle vittime.
Sono passati appena pochi minuti e prima ancora che arrivino sul posto le autoambulanze, sopraggiungono due furgoni della Celere. 
I poliziotti scendono in assetto di guerra, brandendo gli sfollagente in modo minaccioso contro gli operai presenti; l'ufficiale che li comanda ordina ai suoi uomini concitatamente di allontanare dalla piazza i presenti. 
C'è un accenno di scontro frontale tra i lavoratori raccolti sul luogo dell'eccidio e gli agenti: dopo un primo momento di incertezza, gli operai respingono energicamente la provocazione, apostrofando duramente i militi.

- Dopo la bomba, gli avvenimenti subito dopo la strage
I partecipanti alla manifestazione, sconvolti dagli eventi, si spostano in piazza Vittoria che comunica con piazza Loggia attraverso due strade laterali ed un porticato centrale. I motivi che inducono i dirigenti sindacali a dare queste indicazioni, nascono da due ordini di preoccupazioni: corrono voci che in piazza ci siano, forse sotto le chiuse dei tombini, ancora delle bombe e quindi c'è il rischio di nuove esplosioni. 
L'altra ragione è che, lasciando sul luogo dell'attentato solo il servizio d'ordine sindacale coadiuvato da altri volontari, si possono facilitare le prime operazioni di trasporto dei feriti più gravi.
Verso le 11, i dirigenti sindacali e di 
partito che hanno partecipato alla manifestazione si trovano in Loggia, 
sede dell'Amministrazione comunale, nell'ufficio del sindaco della città, al fine di concordare le azioni da promuovere.
Tra i sindacalisti presenti si intrecciano alcune proposte di mobilitazione, ma su tutte, prevale quella della occupazione simbolica delle fabbriche per il giorno seguente prolungando cosi lo sciopero generale sino al 29 maggio. 
Nelle ragioni che sollecitano questa decisione, è presente la necessità di riallacciare un legame col movimento operaio al fine di orientare i lavoratori, dando loro la possibilità di una verifica di massa sulle iniziative da prendere nelle ore seguenti. Alla fine viene anche deciso che,durante la giornata del 29, delegazioni ristrette dei Consigli di Fabbrica dovranno recarsi in piazza Loggia a rendere omaggio ai caduti, mentre la Camera del Lavoro diventa il centro operativo a cui devono far riferimento tutti i quadri ed i dirigenti sindacali.
Poco prima delle tredici, terminata la fase dei soccorsi, i vigili del fuoco lavano con gli idranti il luogo dell'eccidio. 
E' un'operazione che viene considerata normale anche da quella piccola folla di lavoratori che ancora stazionano in piazza, discutendo animatamente. 
Sara' solo più tardi che ci si accorgerà della irresponsabilità dell'atto.
La pulizia avviene prima che sia stata condotta a termine una ispezione accurata da parte degli organi inquirenti; in tal modo vengono dispersi i reperti dell'ordigno esplosivo collocato nel cestino, la cui natura diverrà uno dei punti su cui poggeranno le accuse a carico degli imputati e si avranno le maggiori perplessità sulla dinamica e sulle responsabilità personali per l'attentato terroristico.

NOTE:
(1) Le Squadre d'Azione Mussolini (Sam) è il nome con cui si indicano due diverse organizzazioni di ispirazione fascista, una attiva nel secondo dopoguerra e formata da reduci della RSI e del regime, l'altra di natura terroristica presente insieme a molti altri movimenti nella violenza politica degli anni di piombo.
(2)Il MAR o Movimento di Azione Rivoluzionaria fu un'organizzazione terrorista italiana di estrema destra.
(3)L'Altopiano di Rascino è un altopiano carsico situato nel Lazio, in provincia di Rieti, nel Cicolano ai confini con l'Abruzzo, all'interno del territorio del comune di Fiamignano.

FONTE:http://www.28maggio74.brescia.it