Ente Morale D.L. 5 aprile 1945, n. 224

Ente Morale D.L. 5 aprile 1945, n. 224
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Buon 2013!!!


Quando Beppe Grillo e Storace insultavano Rita Levi Montalcini

30/12/2012 - La scienziata, il suo ruolo politico e gli insulti degli haters


La morte di Rita Levi Montalcini non può che riportare alla mente il periodo in cui la scienziata, da senatrice a vita, votò la fiducia al governo Prodi.
QUELLA VOLTA DI STORACE – Per questo motivo, come ricorda l’agenzia Agp, l’ex ministro Francesco Storace la contestò ironizzando sull’età e suggerendo di fornirla di un paio di stampelle; ricevendo risposta con una lettera pubblicata dal quotidiano La Repubblica. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano censurò il giorno successivo l’intervento di Storace, scatenando un acceso dibattito sfociato in una denuncia per offesa all’onore e prestigio del Presidente della Repubblica (articolo 278 del Codice Penale) a carico di Storace.All’epoca, la Montalcini rispose con questa lettera aperta (presa da Twitter):
La vicenda giudiziaria, come racconta il Corriere, si concluse così:
Francesco Storace non sarà processato per l’ accusa di offesa all’ onore e al prestigio di Giorgio Napolitano. Il giudice Albina Fiordalisi ha stabilito il non luogo a procedere nei confronti del segretario de «La destra». Storace, nell’ ottobre 2007, contrario all’ operato di Napolitano sul caso Montalcini, definì il Capo dello Stato «indegno di una carica usurpata a maggioranza».
E Storace si scusò con Napolitano. Nel frattempo sui forum della Destra erano comparsi commenti come questo:
«Rita Levi Montalcini è vecchia, ha i miliardi da parte e rompe pure i cosiddetti. E’ irritante. Di profilo è anche più odiosa. Che ci fa in Senato? Le darei un incarico nel ghetto»

LA VOLTA DI BEPPE GRILLO – Beppe Grillo invece chiamò “vecchia puttana” Rita Levi Montalcini nel 2001 durante uno spettacolo a Fossano nel cuneese. Come racconta Gianmarco Chiocci sul Giornale:
Non contento insinuò anche che la scienziata torinese avesse ottenuto il Nobel grazie a una ditta farmaceutica amica che materialmente le aveva comprato il premio. L’azienda tirata in ballo dal comico genovese era la Fida, della quale la Levi Montalcini era stata testimonial per il lancio di un prodotto farmaceutico (il Croniassial) dagli effetti neurotossici.
All’epoca, il comico:
patteggiò davanti al giudice Luca Solerio, la multa di 4mila euro. Grillo pagò ma poi fece ricorso in Cassazione per quanto concerne la liquidazione e le spese legali che il pubblico ministero di Cuneo – Guido Bissoni – aveva fissato in seimila e 100 euro. Le spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di primo grado, da porre a carico dell’imputato Grillo, furono quindi calcolate «in complessivi 4mila e 400 euro più Iva». Dare della «vecchia putt..» alla Levi Moltalcini è costato al Masaniello ligure oltre 8mila e 400 euro. I legali della senatrice preannunciarono anche la richiesta, davanti al tribunale civile, di 500 mila euro quale risarcimento dei danni subiti.
Di questa richiesta non si sa nulla.
EDIT: Francesco Storace verga questa nota all’Ansa per ricordare quanto accaduto:
‘Cominciata la corsa elettorale, Repubblica e compagnia varia aprono le danze con lo sciacallaggio peggiore usando letteralmente la scomparsa di Rita Levi Montalcini’. Lo afferma Francesco Storace. ‘Una polemica politica chiusa davanti al capo dello Stato e’ il pretesto per evitare di parlare del grande sforzo che fu sostenuto dalla mia amministrazione per la fondazione Ebri. Il protocollo per la cittadella delle neuroscienze, i finanziamenti per la ricerca assieme alla straordinaria opportunita’ di aver conosciuto una ricercatrice che e’ stata apprezzata in tutto il pianeta non saranno offuscati nel mio ricordo da una campagna miserabile’.
Chissà perché in cinque righe non è riuscito a ribadire le scuse alla Montalcini per gli insulti.
FONTE: http://www.giornalettismo.com/archives/682623/quando-beppe-grillo-e-storace-insultavano-rita-levi-montalcini/
L'A.N.P.I. DI GENOVA PRA' RICORDA
RITA LEVI MONTALCINI


"A Livorno, nella caserma dei Carabinieri simboli fascisti"
Un lettore del sito di controinformazione Senza Soste denuncia la presenza di simboli fascisti all'interno della caserma dei Carabinieri di Livorno. Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un nostro lettore che denuncia (con foto) la presenza di simboli fascisti (filonazisti) negli uffici della caserma dei Carabinieri di Livorno. Un fatto grave ma non isolato visto che non è certo il primo episodio che accade in un contesto dove la contiguità fra forze dell'ordine, militari ed destra neofascista ha caratterizzato, e continua a caratterizzare, la storia di questo paese. 
Qualche tempo fa mi è capitato di fare una denuncia al comando centrali dei carabinieri, a Livorno, in Viale Fabbricotti, angolo Viale Mameli.
Il piantone di servizio, mi ha indirizzato verso il primo corridoio a sinistra, la penultima stanza (così mi sembra si ricordare), sulla sinistra.
Mentre aspettavo il maresciallo di turno, mi sono guardato intorno e qualcosa mi ha inquietato alquanto (per usare un moderato eufenismo)...
Nella stanza vi erano molti articoli di quotidiani sportivi incorniciati relativi alle vittorie dell'Inter, poi 2 poster rassicuranti, sui carabinieri (con tanto di bambini raffigurati), poi la riproduzione di una stampa con una famigliola ottocentesca con il buon padre carabiniere, e altre foto... e poi questo:
La forma inconfondibile dell'elmetto, la simbologia rappresentata, mi ha fatto veramente venire “l'onco” (cioè “i conati di vomito” – per i non livornesi), una repulsa che mi ha confermato, una volta di più, la diffidenza, purtroppo, da tanto tempo acquisita, verso coloro che invece, “fedeli nei secoli” (?) dovrebbero essere i sacri custodi della Costituzione repubblicana, nata dalla lotta antifascista.
E' veramente una vergogna che toglie ulteriore credibilità alle istituzioni cosìdette liberali”... Personalmente non so (e non mi interessa saperne più di tanto) se il maresciallo di turno che ha redatto la denuncia, sia consapevole o responsabile di quello che era affisso alle sue spalle.
Il fatto stesso che non si sia posto il problema, è comunque significativo e la dice lunga sulla “sensibilità” istituzionale dei “tutori dell'ordine”...
Oltretutto, chi ha avuto “la pervicace ed eversiva volontà ” di montare e incorniciare quel poster è stato talmente vigliacco da omettere un'ultima frase dell'originale manifesto storico... Andate a vedere...

FONTE:http://www.contropiano.org/it/archivio-news/archivio-news/item/13538-a-livorno-nella-caserma-dei-carabinieri-simboli-fascisti

DIVISIONE “MINGO”
ORGANIGRAMMA E ARMAMENTO DEI DISTACCAMENTI DELLE BRIGATE

  •  Brigata “Buranello”, su 5 distaccamenti:

1° distaccamento “Calcagno”
comandante “Cino”, intendente “Gigio”, armaiolo “Villi”, staffetta “Robinson” e
“Battagliero”. 4 squadre di fucilieri (fucili mitragliatori), 1 squadra comando, 1
squadra guastatori;

2° distaccamento “Criscione”
comandante “Milena”, commissario “Leno”, intendente “Faro”, addetto “Eolo”,
furiere “Clark”, staffetta “Uragano”. 4 squadre fucilieri (mitragliatori), 1 squadra
comando, una squadra mitraglieri (su due breda 37);
distaccamento mortai
composto da 1 squadra comando, quattro squadre mortai (da 81 mm.), una
squadra mitraglieri (su due armi);
distaccamento bazookas
composto da 1 squadra comando e quattro squadre (ogni squadra armata di un
bazooka e di due armi automatiche);
distaccamento mitraglieri
con una squadra comando e tre squadre con una mitraglia pesante per ogni
squadra;

servizi:
infermeria, responsabile “Luciano”
trasporti, responsabile “Miter”
reclutamento, responsabile “Mirko” (Bastian)
La brigata dispone anche di una “pattuglia volante” (formata da “Baruccia”,
“Gutu”, “Bagin” e “Pistin”) e di un servizio di vigilanza speciale comandato da
“Gino”.


  • Brigata “Oliveri”, su 5 distaccamenti di cui uno volante

1° distaccamento:
comandante “Ro” Umberto Frantone, commissario “Bono” Cesare Chiappino,
intendente “Sole” Roberto Gandini, disposto su tre squadre comandate
rispettivamente da “Verdi” Mario Oddone, “Dino” Giuseppe Fossati e “Geo”
Franco Alpa;

2° distaccamento:
comandante “Domingo” Aldo Muià, commissario “Tom” Francesco Scarso,
intendente “Carcof” Mario Per fumo, disposto su tre squadre comandate
rispettivamente da “Pippo Roberto Icardi, “Caramba” Mario Armi e “Pace”
Giacomo Vassallo;

3° distaccamento:
comandante “Sergio” Santino Otria, commissario “Bob” Mario Peverati,
intendente “Nikel”, disposto su tre squadre comandate rispettivamente da “Marte
Pietro carosio, “Ferro” Ernesto Arnuzzo e “Cervo” Alessandro Badino;

4° distaccamento:
comandante “Paoletto” Paolo Sartore, commissario “Pila” Pietro Re, intendente
“Micio” Emilio Parodi, disposto su tre squadre comandate rispettivamente da
“Ciapaiev” Luigi Campora, “Mela” Mario Camera e “Tigre” Giovanni Galliano;
distaccamento volante, comandante “Spartaco” Spartaco Cartei, commissario
“Binda” Giuseppe Chiappino, disposto su tre squadre comandate da “Franz” Eligio
Venditti, “Ilio” Ilio Parrà e “Speranza” Angelo Alloisio.

Il servizio sanitario della formazione si basa su prestazioni volontarie e gratuite di
sanitari che vivono nella zona di dislocazione della brigata.


  • Brigata “E.Vecchia”, su tre battaglioni denominati:

Battaglione “Drago”:
con due sezioni di cannoni da 75/13 (4 pezzi) tre sezioni di mortai da 81 mm. (3
armi ogni sezione);

Battaglione “Folgore”:
con reparti fucilieri e bazookas;

Battaglione “Pippo Michele”:
Con reparti fucilieri e mitraglieri;

Distaccamento “Notte”:
dislocato a Croce di Grino.


  • Brigata “Pio”,su 7 distaccamenti:


Distaccamento “Fratelli Cassano”;
Distaccamento “Fratelli Dellepiane”;
Distaccamento “Dedè”;
Distaccamento “Campora”;
Distaccamento “Cavenna”
Distaccamento “Trucco”
Distaccamento “Martinetti”

I reparti sono disposti su 3-5 squadre ciascuno di fucilieri (mitragliatori),
mitraglieri, bazookas e squadre volanti con armi automatiche leggere.

La formazione ha un suo servizio sanitario.


  • Brigata “Macchi”, su 3 battaglioni:

Battaglione “Gonella”
Su 5 distaccamenti con squadre fucilieri, mitraglieri, bazookas e squadre volanti;

Battaglione “Chiodi”
Inquadrato su 3 distaccamenti con squadre come quelle del btg. “Gonella”;

Battaglione “Martinetti”
Su 5 distaccamenti con squadre come i precedenti:

Il sevizio sanitario della brigata si appoggia anch’esso a sanitari che vivono nella
zona partigiana e che offrono volontariamente e gratuitamente l’opera.

IL RASTRELLAMENTO DI 
OLBICELLA, MOLARE
E PIANCASTAGNA

Albergo Talin sede del comando partigiano
L'operazione di rastrellamento venne condotta dalle milizie tedesche attraverso due direttrici: la prima dalla strada Molare – Olbicella e l'altra dalle strada Acqui Terme – Piancastagna – Sassello.
Il 10 ottobre 1944 alle cinque del mattino le vedette appostate sulle alture di Madonna delle Rocche diedero l'allarme: una ventina di automezzi, all'interno di ognuno dei quali circa una trentina di soldati armati sino ai denti, stava attraversando la frazione. La figlia di Abele de Guz (il custode della Diga di Molare) prese la bicicletta e si precipitò in Loc. Binelle ad avvertire la squadra di partigiani appostata con la mitragliatrice Breda 37. Vennero accese le micce delle mine posizionate sul selciato stradale poco a monte di Loc. Marciazza. Non esplosero perchè “Gabriele”, capitano del Genio ed incaricato di predisporre l'esplosivo, era in realtà un S.S. tedesco, infiltrato tra i Partigiani. Le truppe tedesche arrivarono indisturbate al passo delle Binelle. Qui la mitragliatrice Breda 37 aprì il fuoco sulla colonna in avvicinamento che ebbe numerose perdite. Dopo pochi minuti di fuoco serrato la mitragliatrice fu danneggiata e i tre Partigiani appostati fuggirono guadando il fiume. La colonna tedesca proseguì lentamente verso Olbicella dove risiedeva il comando operativo dei partigiani. Poco dopo l'agguato delle Binelle i tedeschi si scontrarono frontalmente con una corriera proveniente da Olbicella piena di partigiani (una quarantina). La sorpresa fu reciproca: i partigiani si aspettavano infatti una colonna tedesca decimata dalle mine e dalla mitragliatrice mentre i tedeschi erano ancora provati dalla precedente imboscata ma non certo decimati. Purtroppo i numeri giocarono un ruolo fondamentale nello scontro ove perirono sei partigiani. Giovanni Villa detto “Pancho” medaglia d'argento, riuscì correndo per i boschi a precedere l'arrivo dei tedeschi ad Olbicella e ad avvertire i compagni che si appostarono concitatamente per la battaglia. “Pino” fu il primo ad Olbicella ad aprire il fuoco contro le truppe. Una seconda colonna di tedeschi era in arrivo da Tiglieto e fu attaccata all'altezza del Rio Olbicella (Pian del Fo') da due partigiani: “D'Artagnan” e “Piccolo”. Quest'ultimi furono colpiti mortalmente dopo alcuni minuti di furiosa lotta.
Frattanto “Pancho”, “Oscar”, “Ruggero”, “Febo”, “Pulce”, “Piccio”, “Aria” ed un soldato
disertore della San Marco unitosi da poco trai partigiani, ripiegarono sulle alture di Olbicella.
Dopo un'ora di appostamento i tedeschi iniziarono a battere con il fuoco tutta l'area. “Oscar”,
Giovanni Villa "Pancho"
“Ruggero” e “Febo” riuscirono miracolosamente a fuggire, ma per altri sette non ci fu nulla da fare: furono presi i condotti alla chiesa di Olbicella. Qui la località molarese visse le ore più cupe della storia conosciuta. Molte case furono bruciate come ritorsione verso i contadini colpevoli di aver aiutato i partigiani. Alle 17 i sette prigionieri furono messi al muro nella piccola piazzetta tra la chiesa ed l'Albergo Talin. Il plotone ormai pronto al fuoco fu fermato dall'arrivo di una vettura di un alto ufficiale tedesco. I compagni di riebbero quasi sperando nella deportazione nei campi di prigionia. Ma quando da un camion un soldato tedesco uscì con in mano una serie di corde il pensiero più atroce affiorò prepotente nelle menti dei poveretti. “Aria” il più giovane (soli 16 anni) fu preso da parte, condotto dietro la chiesa, e barbaramente pestato a sangue. Poi,sanguinante, e non in grado di reggersi in piedi, fu condotto di peso alla piazzetta e fu costretto ad assistere all'esecuzione. I tedeschi obbligarono i sei partigiani di mettersi il cappio al collo.
Stele dedicata ai caduti della Div. Mingo
“Pancho” si rifiutò e sputò in faccia al suo boia mentre questi gli metteva la corda al collo. Il tedesco furente diede un calcio allo sgabello poi col calcio del fucile vibrò un tremendo colpo sul volto del giustiziato staccandogli la mascella. L'indomani il padre di “Pancho” riconobbe il figlio dalla divisa. Si racconta che una donna, colpevole di aver soccorso un partigiano, fu costretta a dare un calcio ad uno degli sgabelli che sorreggeva la vita del partigiano.
Alla sera l'autocolonna tedesca lasciò il paese in fiamme con i sei corpi ancora appesi agli alberi.
Sulla strada del ritorno i tedeschi registrarono ancora vittime a causa di una mitragliatrice appostata sulle alture. “Aria” (alias Mario Ghiglione) fu condotto più morto che vivo nella prigione di Silvano d'Orba.
La notte calò finalmente su quella terribile giornata. Ma la battaglia di Olbicella fu solo la metà di ciò che quel medesimo giorno accadde nell'alta Valle Orba. Pochi chilometri ad Ovest infatti, a Piancastagna, si consumò il tragico ed eroico epilogo del “Capitano Mingo”.
Al partigiano “Aria”, venne conferita, in occasione del 60° anniversario della Liberazione, dal
Consiglio Comunale di Castelletto d'Orba, la cittadinanza onoraria “Per aver combattuto giovanissimo nelle formazioni partigiane operanti nelle nostre valli, a difesa dei valori della libertà, della democrazia e della convivenza tra i popoli, restando esemplarmente fedele in questi sessanta anni ai principi etici e morali della Resistenza ”.


DIVISIONE "MINGO"
Organigramma di divisione

Comando
Comandante:                  “Boro” Grga Cupic
Commissario:                 “Ruggero” Oscar Barillari
Vicecomandante:            “Bianco” Manlio Cavarreta
Vicecommissario:           “Sergio” Dino Zulnetti
Capo di S.M.:                 “Simba” Paolo Casetti
Resp. SIP:                       “Bruno” Francesco Rivara
Intendente:                      “Roberto” Mario Barillari
Vice Intendente:              “Fernando” Angelo Lasagna
Ispett. di divisione:         “Giacomo” Mario Gazzotti
Uff. stampa propaganda: “Berto” Don Bartolomeo Ferrari
Settore operativo
3° settore operativo della VI Zona operativa ligure delimitato a nord dal margine più meridionale della provincia di Alessandria; a sud dal tratto di Via Aurelia da Sampierdarena a Varazze; ad ovest dal mare all’altezza di Varazze sino a Castelferro di Predosa; a est dalla statale 35 da Sampierdarena a Capriata d’Orba.
L’unità gravita sulla città di Genova: la ragione dell’estensione del suo settore ai margini meridionali della provincia di Alessandria è più di carattere logistico che operativo.
Unità partigiane
50

Brigata “Buranello” 
Comandante:                  “Bruno” Clemente Delfino
Commissario:                 “Neo” Francesco Sacco
Vicecomandante:           “Cino” Antonio Morittu
Vicecommissario:          “Bianchi” Davide Caviglia
Capo di S.M.:                “Gigi” Elio Zunino
Intendente:                     “Albanio”
Furiere:                          “Basco”
Addetti al comando:      “Roberto”
SIM, resp:                      “Minos”
SIP, resp.:                      “Felix”
Staffette:                        “Mario”, “Renzo”, “Risoluto”
Settore operativo
Zona di Urbe, prov. Di Savona, a cavallo dell’alto corso del torrente Orba, delimitata: - ad ovest, dalla rotabile Sassello- Acqui fino all’altezza del monte Acuto (quota 551); - ad est, dalla rotabile Voltri-
Passo del Turchino- Ovada (alto e medio corso del torrente Stura); - a sud, dal tratto della via Aurelia da Sestri Ponente a Cogoleto compresi; - a nord, dalla rotabile Sassello- Palo-Olba-Urbe-Martina d’Olba-Acquabuona-Badia- Tiglieto-Rossiglione
Unità partigiane 
300

Brigata “Oliveri” 
Comandante:            “Lux” Alfonso Vigano
Commissario:            “Tullin” Raffaele Marchese
Vicecomandante:      “Micco” Carlo Gandini
Vicecommissario:      “Piero” Paolo Badino

Capo di S.M.:            “Cirano” Giannino Monti
Addetto al comando:  “Mimmo” Enzo Elaiopoli
SIM, resp.:                 “Ares” Livio Gandini
SIP, resp.:                  “Lino” Ottavio Scagliola
Intendente:                 “Lepre” Santo Minetto
Uff. stampa:                “Aurelio” Alfredo Capeggi
Zona operativa

Zona delimitata ad ovest dalla riva orientale del torrente Stanavazzo e ad est dalla riva occidentale del corso medio del torrente Orba; a sud dal tratto di rotabile Cremolino-Ovada e a nord dalla congiungente Castelferro di Predosa
Unità partigiane
190


Brigata Patria “E.Vecchia” 
Comandante:            “Vanni” G.B. Vanni
Commissario:           “Augusto” Augusto Cavallero
Vicecomandante:      “Ugo” Ugo Dettari
Vicecommissario:     “Moro” Bruno Maffi
Capo di S.M.:           “Mingo” Domenico Buscaglia
SIP, resp.:                 “Scopola”
Intendente:                “Bibi”
Zona operativa
Delimitata ad ovest dal limite occidentale del 3° settore operativo divisionale; a est dalla riva
occidentale del torrente Orba e dalla rotabile Olbicella-Molare-Cremolino; a sud, dal tratto di via Aurelia tra Cogoleto e Varazze compresa, a nord, dall’allineamento meridionale Cremolino-Ovada
Unità partigiane
200

Brigata “Pio” 
Comandante:           “Arrigo” Alessio Franzone
Commissario:          “Fer” Fernando Mori
Vicecomandante:     “Spitfire” Pierino Rebichesu
Vicecommissario:    “Arturo” Giuseppe Gallinotti
Capo di S.M.:          “Tosi” Vito Ciulla
Settore operativo
A cavallo della rotabile Gavi Ligure- Voltaggio-bivio per Castagnola-Vallecalda-Pieve-Borgofornari-Ponte S.Giorgio-Molini di Voltaggio-Passo della Bocchetta. A cavallo della statale n°35 nel tratto Ge-Sampierdarena-Pontedecimo-bivio a nord ovest per Campomorone-Langasco-Pietralavezzara-Migliarina bivio a nord est per Mignanego-i Giovi-Passo dei Giovi-Busalla-Isola del Cantone-Ronco Scrivia-Creverina-Pietrbissara (alto corso del Polcevera e del torrente Scrivia)
Unità partigiane
200

Brigata “Macchi” 
Comandante:           “Nembo” Rinaldo Perasso
Commissario:          “Guerrin” Guerrino Pecoraia
Vicecomandante:     “Eros” Edilio Traverso
Vicecommissario:    “Alba” Franco Massarello
Capo di S.M.:          “Nilo” Giovanni Secondino
Settore operativo
A nord e a sud della congiungente Ovada-Gavi Ligure, comprendente le seguenti principali località: Tagliolo Monferrato, Belforte, Lerma,Casaleggio Boiro, Moruche, Parodi Ligure, Bosio, Gavi Ligure, S.Cristoforo, Castelletto d’Orba, Montaldeo, Silvano d’Orba, Capriata d’Orba (corso medio del torrente Lemme e del torrente Orba, riva orientale)
Unità partigiane
330


Dislocazione distaccamenti partigiani 
alla Benedicta 
(dicembre 1943-aprile 1944)

IIIª Brigata Garibaldi "Liguria"
1° distaccamento Cascina Menta
2° distaccamento Cascina Nuova
3° distaccamento Cascina Poggio
4° distaccamento Cascina Palazzo
5° distaccamento Cascina Grilla
6° distaccamento Cascina Cornagetta
7° distaccamento Cascina Tugello
8° distaccamento Cascina Lombardo

Brigata Autonoma "Alessandria"
Cascina Roverno

28 dicembre 2012
Il nostro ricordo dei sette fratelli Cervi 


L'A.N.P.I. di Genova Pra' vuole ricordare il sacrificio di questi uomini con una canzone a loro dedicata dai Modena City Ramblers, senza aggiungere e scrivere parole che potrebbero apparire retoriche, consapevoli del fatto che quando si parla della Resistenza e del sacrificio di uomini e donne nessuna parola potrà mai essere retorica.



Picchiato e rapinato l'ex partigiano Lilio Giannecchini: sdegno e sconcerto per l'agguato



Lucca, 23 dicembre 2012 - Stava rientrando intorno alle 20 alla Casa del Clero in via San Nicolao, dove è ospite da qualche tempo. All'improvviso due figure sono sbucate  dal buio del cortile e l'hanno preso a calci e pugni. Forse uno dei due individui, descritti come giovani, era armato di bastone.Lilio Giannecchini è caduto a terra tramortito e in una maschera di sangue. Ha perso anche due denti. I due aggressori gli hanno portato via un marsupio contenente pochi soldi ed effetti personali. Giannecchini, per trent'anni direttore dell'Istituto Storico della Resistenza, è stato ricoverato in ospedale e sottoposto a Tac. Alcuni amici sono accorsi in ospedale per sincerarsi delle sue condizioni. L'hanno trovato malconcio e in stato confusionale. Misteriose le ragioni dell'aggressione anche perché l'ex partigiano non ha disponibilità economiche né beni che possano spiegare una rapina tanto brutale. A tarda sera è stato quindi trasferito all'ospedale di Cisanello per unematoma cerebrale evidenziato dagli esami. Non sarebbe comunque in pericolo di vita.  Sul drammatico episodio interviene con una nota il presidente dell’Istituto storico per la Resistenza e l’Età contemporanea in provincia di Lucca, prof. Stefano Bucciarelli.  "Apprendiamo con viva preoccupazione dell’aggressione subita da Lilio Giannecchini, già Direttore di questo Istituto, e intendiamo esprimergli la nostra solidarietà e i nostri auguri di pronta e piena guarigione. Auspichiamo che siano indagate a fondo  le eventuali matrici politiche dell’episodio e che comunque sia fatta piena chiarezza sul grave accaduto". “Voglio esprimere tutta la mia vicinanza al partigiano Lilio Giannecchini e augurargli una rapida guarigione”. Sono le parole dell’onorevole Raffaella Mariani, dopo aver appreso della barbara aggressione subita da Giannecchini nella serata di domenica. “Un episodio gravissimo, che mi ha profondamente colpita e che merita la più ferma condanna, sul quale auspico si possa fare chiarezza al più presto, individuando rapidamente i responsabili”.  "Voglio esprimere - dichiara il presidente della Provincia Stefano Baccelli - la mia solidarietà e vicinanza al partigiano ed ex direttore dell'Istituto storico della Resistenza Lilio Giannecchini e la piu' ferma condanna della grave aggressione di cui e' stato vittima. A Lilio Giannecchini auguro la più pronta guarigione, auspicando che venga presto fatta chiarezza sull'accaduto, individuando le cause ed i responsabili di questo vile gesto, un atto barbaro e feroce, ma anche un episodio che scuote le nostre coscienze e il nostro vivere civile." Anche Sinistra Ecologia Libertà di Lucca, attraverso la coordinatrice Margherita Cagnoni, esprime "la sua solidarietà al partigiano Lilio Giannecchini per l'aggressione subita, e invia i suoi migliori auguri per una rapida guarigione. SEL auspica che le indagini facciano piena chiarezza sull'eventuale matrice politica dell'aggressione, in ogni caso frutto di una cultura violenta e della tensione sociale". Anche il professor Umberto Sereni commenta così: "A Lilio Giannecchini solidarietà e auguri di pronta guarigione. Per la carogna che l'ha aggredito la più ferma condanna, il più sdegnato disprezzo". "Esprimo la mia vicinanza a Lilio Giannecchini - sottolinea Pietro Fazzi -  in un momento di sofferenza e manifesto la più incondizionata condanna per un gesto violento ed inumano, da perseguire per se stesso e per tutti". L'ANPI della provincia di Lucca, "esprimendo fraterna vicinanza a Lilio Giannecchini per il grave fatto occorsogli, formula sinceri auguri di pronta guarigione. Nella condanna di ogni violenza, chiede che siano avviate accurate indagini al fine di comprendere  quanto avvenuto". Il presidente del Comitato provinciale ANPI di Lucca, Carlo Serio. "Una violenza cieca ha fatto scempio di un corpo di un uomo di 87 - commenta Eugenio Baronti -, un gesto di una gravità inaudita, incomprensibile, non so quale mente disumana può aver partorito, con così tanta ferocia, un gesto cosi vile.  Mi auguro che magistratura e forze di polizia possano assicurare alla giustizia prima possibile il responsabile di questa barbara aggressione. Al partigiano Lilio Giannecchini tutta la mia vicinanza e solidarietà con l’augurio di rimettersi presto e tornare al suo posto di instancabile testimone della  lotta per la liberta contro la barbarie nazifascista". Anche la Federazione Provinciale del Partito dei Comunisti Italiani esprime profondo sdegno per la brutale aggressione subita da Lilio Giannecchini ed auspica che vanga fatta chiarezza sulla matrice dell'atto violento perpetrato. Se questa risultasse di natura politica sarebbe un fatto ancora più grave di quanto non lo sia già. Ma la gravità è comunque manifesta. Ormai le aggressioni alle persone più deboli e indifese sono all'ordine del giorno. Questo significa che si abbassa sempre di più il livello di convivenza civile e morale del nostro popolo. Creare invece un nesso fra quello che è accaduto a Giannecchini e le vicende accadute in seno all'Istituto Storico della Resistenza è demenziale e fuorviante. Intanto si esprime tutta la solidarietà a Lilio con l'auspicio che si possa riprendere al più presto. Speriamo che il responsabile dell'accaduto possa essere individuato al più presto perchè giustizia venga fatta".


PAOLO PACINI


FONTE: LA NAZIONE DI LUCCA

NO AI FILONAZISTI DI ALBA DORATA
Alba Dorata è un'organizzazione filo-nazista, fatta sorgere in Grecia, da un gruppo di nostalgici delle più atroci efferatezze compiute dal regime hitleriano, che ha seminato prima e durante la Seconda Guerra Mondiale centinaia di milioni di morti. Questo gruppo, come è stato mostrato dalle televisioni di tutto il mondo, è solito abbandonarsi ad azioni di violenza tipicamente di stampo nazifascista, aggredendo gli immigrati, la gente di colore e tutti i “diversi”.
Alle recenti elezioni per il parlamento ellenico Alba Dorata ha conquistato 18 seggi. Apprendiamo con sgomento che quest'organizzazione esaltatrice del crimine è sorta anche in Italia ed ha aperto la sua prima sede nella nostra città, in una via che porta il nome glorioso di un martire medaglia d'oro della Resistenza: Renato Martorelli.
L'ANPI provinciale, sicura di interpretare i sentimenti di tutte le associazioni antifasciste e della Resistenza torinesi, esprime il suo sdegno per questa vergognosa provocazione e s'impegna a vigilare con fermezza affinché non abbiano luogo nella nostra città manifestazioni da parte di questi residui di una storia che tutti i democratici considerano sepolta per sempre.
Presidenza Provinciale ANPI
Diego Novelli


L'annuncio durante una conferenza stampa. Intanto, Simone Di Stefano sarà il candidato alla presidenza della Regione Lazio per i ‘fascisti del terzo millennio’.La tigre della "antipolitica" viaggia veloce e Casapound decide di salire al volo. Durante una conferenza stampa nella sede di via Napoleone III è arrivato l'annuncio ufficiale: “Correremo alle politiche del 2013”. Una notizia che, in realtà, era nell'aria già da qualche tempo, almeno dalla manifestazione nazionale che si è svolta a Roma lo scorso novembre. E che si era rivelata un flop. Ma dal palco allestito a Ponte Milvio, il leader Gianluca Iannone si era lasciato sfuggire che il suo movimento era pronto a prendersi “la città, la regione e, chissà, magari anche l'Italia”, mentre la sua voce roca veniva coperta dal passaggio degli elicotteri di polizia e carabinieri. Così, oggi è arrivato il grande annuncio: “Siamo pronti a partecipare attivamente alla vita politica di questa nazione”, con tanto di rivendicazione della primogenitura dell'opposizione a questo governo: “Noi eravamo in piazza contro Monti già dieci giorni dopo il suo insediamento”, e guai a ricordare che esiste chi si batte contro questo sistema da decenni. Per l'occasione, il simbolo è stato anche cambiato: non più sfondo nero dietro la famosa tartaruga, adesso il colore prevalente è il bianco, perché “conosciamo le dinamiche dei seggi elettorali, infestati di gente disposta a tutto pur di danneggiare l'avversario politico. Cambiamo lo sfondo per rendere più chiara la X tracciata dai nostri elettori”. Non era mai successo che qualcuno gridasse ai brogli prima ancora di sapere quando si andrà a votare.
Ma il tema della conferenza stampa era un altro, più locale e più vicino anche in senso cronologico: le elezioni regionali del Lazio, con Simone Di Stefano che correrà per la presidenza al grido di “Facciamoli piangere tutti”. Il programma è ancora poco chiaro ma, almeno, adesso sappiamo che le tartarughe hanno “tante idee per la sanità, poi le studieremo meglio” e che la regione merita “una moneta complementare: l'Equo”. L'obiettivo, in realtà, c'è: dopo i fallimenti di Storace e della Polverini, a destra si sono aperte praterie, con “diverse persone che hanno lavorato nelle precedenti amministrazioni che sono entrati (sic, ndr) nel nostro entourage”. Tutto questo mentre Facebook veniva invaso dal primo manifesto targato “Di Stefano presidente”, uno sterminato campo di grano sotto un cielo terso e lo slogan: “Terra, popolo, lavoro: la forza della Regione”. Dalla biografia ufficiale, poi, apprendiamo che il candidato ha 36 anni, è nato e cresciuto alla Garbatella, è militante politico dall'età di 16 anni con l'Msi, abbandonato però nel 1994 dopo la svolta di Fiuggi e la fondazione di AN. “Dopo un diploma da Chef all'istituto alberghiero – si legge ancora -, indirizza da autodidatta la sua creatività alla comunicazione sul web quando internet era agli albori, fino a farne la sua professione. Padre separato di due bambine, ha dedicato la sua vita alla militanza politica attiva, occupando palazzi abbandonati per dare un tetto a centinaia di famiglie italiane, organizzando azioni mediatiche eclatanti per tutelare categorie e lavoratori a rischio”.
Il grande pubblico ha già avuto modo di conoscere Di Stefano qualche tempo fa, durante un puntata di 'In Onda su La7'. In quell'occasione, i suoi discorsi sui “successi del fascismo sociale” furono bollati dallo storico Marco Revelli come “emerite puttanate”, mentre il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, sorrideva sadico nel vederlo farsi impallinare con tanta ingenuità.
Il resto del programma per la conquista del Lazio è incentrato sulla “Rivoluzione che volevi”: una regione come “roccaforte sociale”, con mutui non controllati dalle banche, sanità e servizi sociali “esclusivamente pubblici”, protezionismo alimentare (“consumiamo prima i frutti della nostra terra”) e un berlusconiano ammiccamento alla salvaguardia dell'economia reale: “noi veniamo dal mondo del lavoro, gli altri hanno sempre solo fatto politica”.
La conclusione, invece, è un inno alla forca: con i politici che diventano “maledetti ladri” da “cacciare via per sempre” perché “possiamo tornare ad essere un popolo unito e libero di determinare il proprio destino”.
In via Napoleone III l'atmosfera è però rovente, Gianluca Iannone vuole contare i suoi prima di decidere se scendere in campo personalmente e proporsi come premier alle politiche: se al centro e al sud, Casapound pare discretamente radicata, il nord è un buco nero, con Forza Nuova che continua a controllare agilmente i quattro gatti a disposizione, con le buone o con le cattive (le indagini sull'aggressione alla sede delle tartarughe a Verona starebbero portando proprio verso i forzanovisti). Il rischio, insomma, è di ritrovarsi nudi alla meta, con un pugno di voti ed esclusi da ogni trattativa. Perché, al di là dei proclami, l'obiettivo reale è quello di cominciare ad occupare posizioni di potere, e il valzer è già cominciato. A Minturno, alle porte di Latina, il sindaco di centrodestra ha affidato proprio a un giovane di Casapound la delega alle politiche abitative. E sono lacrime di gioia per loro, altro che “facciamoli piangere tutti”.
FONTE: contropiano.org

Mostra fotografica sulla Resistenza Imperiese

Imperia / 22 dicembre 2012
Il Comitato Provinciale ANPI di Imperia comunica che
sabato 22 dicembre 2012
nell'androne di ingresso dell'ex Palazzo Comunale (Cremlino) di Piazza Dante n. 4 – Oneglia
la sezione ANPI “Silvio Bonfante – Montegrande” di Oneglia
presenta una Mostra Fotografica sulla Resistenza imperiese, che sarà visitabile dalle ore 9 alle ore 18
FONTE A.N.P.I. NAZIONALE

“La battaglia di Stalingrado"

La battaglia di Stalingrado segnò l’inizio della disfatta militare hitleriana. Per l’importanza strategica che aveva assunto nel quadro del fronte  russo-tedesco, la città fu insistentemente attaccata dai Tedeschi a partire dall’agosto 1942.
La conquista di Stalingrado avrebbe infatti permesso all’esercito nazista di impadronirsi della maggiore via acquea di rifornimento della Russia intera (il Volga), di occupare la grande base per le operazioni nel Caucaso e di operare l’accerchiamento per la conquista di Mosca. L’attacco fu iniziato il 19 agosto 1942 dal generale Paulus, comandante della VI armata: il generale russo Timošenko tentò di frenare l’impeto dell’avanzata, ma la città venne investita dall’ondata nazista.
La resistenza, tuttavia, fu possibile grazie alla particolare posizione della città e all’eroico contributo dato da tutta la popolazione. I Russi riuscirono a mantenere la posizione sul Volga e a fare pressione con continui rinforzi e con massicci bombardamenti, sull’ala sinistra dello schieramento tedesco; Paulus nel mese di novembre ritenne opportuno ripiegare, ma Hitler ordinò di mantenere la posizione; il 23 novembre le armate sovietiche, provenendo da nord e da sud, si incontrarono a Kalach e circondarono le forze avversarie.
Intanto i Tedeschi avevano occupato gran parte della città, ma si videro costretti a cercare di sbloccare la situazione: inutile risultò un massiccio attacco con otto divisioni (fra cui tre blindate) per sfondare l’accerchiamento.
Ecco la testimonianza di un carrista tedesco: “Dovemmo passare l’intera giornata a ripulire una strada, da un’estremità all’altra, costruire sbarramenti e centri di fuoco all’estremità occidentale e prepararci a un nuovo passo avanti il giorno seguente. Ma all’alba i russi cominciarono a sparare dalle loro vecchie postazioni all’estremità più lontana. Ci volle un po’ di tempo per capire il loro trucco: avevano aperto dei varchi comunicanti tra i solai e gli attici. Durante la notte, tornavano indietro come topi lungo le travi e piazzavano le mitragliatrici dietro alcune finestre situate molto in alto o dietro camini rotti”.
Il 10 gennaio 1943 i Sovietici sferrarono l’offensiva decisiva per riprendere la città: il 2 febbraio, dopo un bombardamento operato per numerosi giorni con 4.000 pezzi d’artiglieria, la resistenza tedesca fu demolita.
I Tedeschi persero nel combattimento 250.000 uomini, mentre altri 120.000 caddero prigionieri. L’Armata russa contò oltre 485.000 caduti.
Alfio Caruso ricorda anche che, confusi nella massa degli “insaccati”, vi furono 77 genieri italiani che si erano attardati, per raccogliere legna per affrontare l’inverno nelle basi di Millerovo e Vorošilograd. Appartenevano a due autoreparti che avevano trasportato guastatori e rifornimenti agli uomini di Paulus. Bloccati dall’avanzata russa, alla fine di novembre 1942, solo due rivedranno l’Italia: per gli altri, prigionia, malattie, sconforto furono fatali.

Mauro De Vincentiis
(“La battaglia di Stalingrado" di Alfio Caruso. Ed. Longanesi (2012), pag.160, Euro 11,60.)
FONTE: A.N.P.I. NAZIONALE